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Anosmia durante Covid-19: conoscenze e quesiti irrisolti

Anosmia durante Covid-19 : conoscenze e quesiti irrisolti. Fin dall’ inizio della pandemia da SARSCoV2 vi sono state numerosissime segnalazioni di pazienti affetti da COVID19 che lamentavano fra i primi sintomi l’anosmia.

In termini di etiologia della disfunzione olfattoria numerose sono state le ipotesi proposte :

a) infiammazione della doccia olfattoria e la conseguente ostruzione causa una perdita di conduzione dello stimolo olfattorio.

E’ una ipotesi che trova scarsa conferma. Uno studio TAC dei seni paranasali su 16 pazienti con persistente anosmia ha sorprendentemente riscontrato che la doccia olfattoria era completamente pulita in 7 pazienti, parzialmente opacificata in 6 e solo in 3 pazienti le docce erano completamente opacificate. Non vi era evidenza in nessun caso di ispessimento della mucosa del naso e dei seni paranasali. A dispetto del potenziale meccanismo dannoso sull’epitelio, la citologia nasale in 18 pazienti COVID-19 di cui 12 con disturbi dell’olfatto non ha trovato i tipici danni da virus sull’epitelio cellulare della mucosa naso sinusale.

b) danno delle cellule sustentacolari di supporto dell’epitelio olfattorio; Chen e coll. hanno studiato l’espressione immunoistochimica di ACE-2, la proteina recettorale target di SARS-CoV in 11 specimens dell’epitelio neuro-olfactor Le cellule sustentacolari mostrano l’espressione immunoistochimica di ACE-2 da 200 a 700 volte maggiore rispetto all’epitelio nasale e tracheale e sembrano il principale cancello di entrata del SARS-CoV-2. Chung e coll. hanno ipotizzato che l’infiltrazione della mucosa olfattoria da CD68 + macrophago che esprimono gli antigeni di SARS-CoV-2 può comportare perdita della funzione.

c) invasione da parte del virus, fortemente neurotrofico, del bulbo olfattorio e suo danneggiamento. Netland e Coll hanno dimostrato su topi transgenigici che SARS-CoV può entrare nel cervello attraverso il bulbo olfattorio portando ad una rapida diffusione tranneuronale. L’antigene virale è stato riscontrato tra 60 e 66 h post-infezione in maniera molto abbondante nel bulbo olfattorio.

Vi sono recenti report di segnale iperintenso ed edema del bulbo olfattorio alla diagnostica per immagini.

Le regioni della corteccia (corteccia piriforme e infralimbica), gangli basali (pallido ventral e regioni preoptiche laterali) e mediocerebrali (raphe dorsale) , risultavano altamente infettate dopo la diffusione virale e tutte queste regioni sono in connessione con il bulbo olfattorio. La rapida diffusione di SARS-CoV nel cervello risultava associato a significativa morte neuronale.

Tutto ciò fornisce ulteriore supporto alla ipotesi di una genesi centrale della anosmia da COVID 19.

Riguardo ai rapporti fra gravità della malattia ed anosmia si è evidenziato, in diversi studi su pazienti con COVID 19 lieve medio, che l’incidenza della anosmia è elevata : 86-87% accompagnata da disgeusia nell’ 88% dei casi.

La gravità e persistenza della ipo-anosmia si associa anche alla persistenza della malattia.

Ripetendo il test 14 gg dopo l’insorgenza della iposmia, 87% di questi pazienti anosmici risultavano ancora COVID-19 +  e dei pazienti con anosmia perdurante oltre il 14° giorno il 93% era COVID-19 + .

Usando la valutazione psicofisica dell’olfatto con ‘Sniffin Sticks’, su 86 pazienti con forma moderata di COVID 19 associata a anosmia soggettiva e trattati a domicilio 47.7%sono risultati anosmici , 14% iposmici e 38.3 normosmici.

In contrast0 la stessa valutazione psicofisica dell’olfatto su pazienti ospedalizzati per COVID severo ha riscontrato 8.5% di pazienti anosmici e 19.1 % iposmici . Un altro studio su 841 pazienti ospedalizzati che avevano sviluppato disturbi neurologici nel 57% dei casi ha riscontrato anosmia solo nel 5% dei casi .

La valutazione psicofisica dell’olfatto ha evidenziato che il 25% recuperava una normale funzione entro i primi 15 giorni dalla insorgenza della anosmia, mentre il 10.2% richiedeva da 16 a 30 giorni, il 28.4% recuperava fra 31 e 45 giorni ed il 15.9% tra 46 e 70 giorni dall’esordio.

Una ricrescita neuronale disordinata e la predominanza di neuroni immaturi si è rivelata associata alla parosmia, manifestazione piuttosto frequente tra i pazienti con anosmia Covid relata.

Il quesito perché l’anosmia sia meno prevalente nelle forme più severe di malattia rimane irrisolto.

Nei pazienti con una risposta immunitaria locale efficiente, la replicazione del virus nella mucosa nasale ed olfattoria può condurre ad una reazione infiammatoria locale che coinvolge il neuroepitelio e la regione bulbare olfattoria.

Questa reazione si correla con la sintomatologia del distretto ORL.

I pazienti con COVID severo lamentano meno disturbi e sintomi nasali, sinusali e laringei rispetto alle forme medio leggere dove la risposta immunitaria è maggiore.

Una spiegazione può essere che i pazienti più anziani sono quelli a più alto rischio di malattia severa, ma sono anche quelli in cui la funzione olfattoria comincia ad essere   fisiologicamente deficitaria con una riduzione numerica delle cellule sustenticolari e dei recettori olfattori.

Come detto le cellule sustentaculari del neuroepithelium sono quelle che esprimono i recettori ACE-2, la porta di entatrata del   SARS-CoV2, e l’ impedimento degenerativo legato all’età di queste cellule potrebbe spiegare la minore incidenza della iposmia nei pazienti anziani con Covid 19 .

 

Bibliografia
Sven Saussez, Jerome R. Lechien & Claire Hopkins Anosmia: an evolution of our understanding of its importance in COVID-19 and what questions remain to be answered. European Archives of Oto-Rhino-Laryngology Vol 278, 2187–2191 (2021)

 

Per ulteriori approfondimenti, si possono consutare anche i seguenti link:

Anosmia da SARS-CoV2: qual è l’evoluzione?

Questionario su Anosmia all’epoca del Covid-19

Anosmia: tornare a sentire gli odori

Covid-19 e Iposmia

Iposmia post infettiva: fattori predittivi del recupero

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Long Covid: i sintomi ORL

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