Il comune raffreddore protegge da COVID-19? Ci sono dati emergenti che dimostrerebbero come recenti infezioni da altri coronavirus potrebbero assicurare una maggiore protezione contro SARS-CoV-2.
Accanto a malattie molto serie come COVID-19 e SARS i coronavirus umani sono notoriamente responsabili da decenni di infezioni respiratorie lievi come il comune raffreddore.
Sebbene la somiglianza di questi virus con SARS-CoV-2 sia bassa, è sicuramente sufficiente ad indurre il sistema immunitario a crossreagire anche verso di esso. Questa reattività immunitaria (CD4+ helper T cells e CD8+ killer T cells contro la proteina nucleocapside (N) del SARS-CoV-2) è stata descritta in uno studio pubblicato su Nature in 23 pazienti che avevano avuto la SARS17 anni prima ed in 37 soggetti che non avevano mai avuto SARS e COVID 19.
Un altro studio su Science aveva dimostrato la presenza di cellule T reattive contro SARS-CoV-2 nel sangue di 25 soggetti sani prima della pandemia.
Gli autori avevano mappato 142 punti specifici sul virus SARS-CoV-2 chiamati epitopi associati con questa attività.
In successivi esperimenti, si è visto che le cellule T reagivano anche quando esposte ad epitopi del comune coronavirus del raffreddore, simili agli epitopi del SARS-CoV-2, consolidando l’ipotesi che una precedente esposizione ai comuni coronavirus possa indurre il nostro sistema immunitario ad essere più pronto a rispondere al nuovo coronavirus.
Questo non vuol dire che avere un qualche grado di immunità preservi le persone da infettarsi con SARS-CoV-2, ma l’infezione potrebbe essere più lieve.
Non viene peraltro escluso dai ricercatori che questa reattività delle cellule T soprattutto nelle persone anziane non possa essere viceversa negativa e condurre ad una eccessiva infiammazione e ad un decremento della risposta immunitaria. La preesistente immunità potrebbe non limitarsi alle cellule T.
Anticorpi IgG reattivi contro alcune proteine del SARS-CoV-2 sono stati isolati in 15 su 262 soggetti che non avevano mai contratto COVID-19.
È un fatto molto suggestivo che questi anticorpi siano prevalenti nei bambini tra 1 e 16 anni di età, ed è noto come maggiore sia l’esposizione al coronavirus del raffreddore in questa fascia di età.
La presenza di anticorpi neutralizzanti non garantisce che quei bambini siano immuni al COVID-19, ma offre una spiegazione del perchè i soggetti molto giovani hanno una sintomatologia più lieve rispetto agli adulti ammalati.
Sheena Cruickshank una immunologa di Manchester (UK), afferma che nello studio citato non si riscontri la presenza di IgA, un anticorpo protettivo contro SARS-CoV-2 , nei soggetti sani che non siano stati esposti al nuovo coronavirus.
Questo starebbe a significare che una immunità preesistente è molto limitata e che comunque abbia una durata estremamente limitata.
Nello studio di La Bert i pazienti con cellule T reattive le mantenevano per circa 2 decadi.
Questo potrebbe voler dire che la protezione del vaccino potrebbe durare molti mesi od anni.
Estratto da: Chris Baraniuk Does the common cold protect you from COVD-19 “The Scientist” Aug 4,2020
Per ulteriori approfondimenti, si possono consultare i seguenti link:
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